L’arpa di Davita, il grande romanzo di Chaim Potok: mazal tov!

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Non ho mai prediletto i libri sulla Shoah; belli, per carità, ma espressione di un vittimismo troppo ostentato. Nei lager non morirono solo ebrei, e di malati mentali, omosessuali, prostitute e apolidi se ne parla sempre poco; così lo scetticismo nei confronti dei libri in cui compare il binomio ebrei-guerra viene spontaneo.

Iniziato a leggere forse più per vanità che per altro, dietro il consiglio è un libro per te, sembri proprio tu, ho adorato invece L’arpa di Davita di Chaim Potok, che è subito finito nella lista dei libri da non dimenticare.

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La verità sul caso Harry Quebert: punti di forza e di debolezza

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30 agosto 1975, Aurora, New Hampshire: Nola Kellergan, 15 anni, scompare nel nulla; nessuno sa niente e la sua scomparsa rimane un mistero.
Gennaio 2008, New York: Marcus Goldman è un giovane scrittore americano. Dopo aver cavalcato l’onda del successo con il suo primo romanzo, si trova depresso e afflitto dal cosiddetto blocco dello scrittore, che prima o poi becca tutti. E come se la mutatio loci servisse a qualcosa, decide di trasferirsi momentaneamente ad Aurora da un vecchio amico, Harry Quebert, autore del best seller Le origini del male.
Primavera 2008: dopo 33 anni vengono ritrovati i resti di Nola Kellergan, accanto ad una borsa di cuoio contenente il manoscritto de Le origini del male. Il cadavere viene ritrovato nel giardino di Goose Cove, residenza, ad Aurora, di Harry Quebert. Marcus Goldman, convinto dell’innocenza dell’amico, decide di compiere un’inchiesta per trovare il colpevole.

Questa è la scena iniziale di un libro di circa 800 pagine scritto da uno svizzero di nome Joel Dicker e di più non posso dirvi; ma le premesse che sia un bel giallo sono tutte dentro questa introduzione. Cos’è andato storto allora nel corso della narrazione?

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Peppino Impastato, Un giullare contro la mafia, trentasette anni dopo

peppino impastato, un giullare contro la mafiaNella notte tra l’8 e il 9 maggio di trentasette anni fa veniva assassinato Peppino Impastato, attivista e giornalista originario di Cinisi che dedicò tutta la vita alla lotta contro la mafia. Il giorno seguente, Peppino è il suicida, il terrorista ucciso dal suo stesso tritolo sui binari del treno. Ci vorrà quasi un quarto di secolo perchè venga fatta giustizia e la mafia venga ritenuta la responsabile del delitto alla parola.

Oggi, a distanza di anni, la lotta contro la mafia non è ancora estinta, ma la parola di Peppino è viva, nei giornali, nelle scuole, nelle tv e nel fumetto di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso. ‘Peppino Impastato, Un giullare contro la mafia’, edito da Becco Giallo – casa editrice sempre attenta, produttrice di fumetti di impegno civile – racconta l’ultimo anno di vita del giovane di Cinisi dalla personalità audace che cercò in tutti i modi di annentiare quella ‘montagna di merda’ chiamata mafia. Nel programma radiofonico Radio Aut, insieme a Salvo Vitale e Faro Di Maggio, il sistema parassitario viene denunciato per i troppi traffici illegali e accusato di collusione con la politica; Peppino fa nomi e cognomi, svela per la prima volta i tabù della mafia, senza reticenze e con grande ironia. Tano Badalamenti, capo mafioso, viene schernito e ridicolizzato, e in poco tempo la radio ha grandi ascolti; Peppino, ostinato, firma la sua condanna a morte, che non tarda ad arrivare.

Dopo un’efficace introduzione di Lirio Abbate, cominciano i disegni e i fumetti, tra flash back e opportune espressioni dialettali. Fortunatamente, per tutti i non-siciliani, alla fine del racconto fumettato una pagina è dedicata al ‘Glossario’, che chiarisce alcuni termini di dubbia interpretazione. La lettura è sicuramente nostalgica: la fine la conosciamo tutti e c’è la volontà di leggere a oltranza le prime pagine, scherzose e piene di vitalità e speranza. L’atmosfera è quella giusta e le rappresentazioni grafiche ben si accordano con i dialoghi, emozionanti quanto reali.

Una bella sceneggiatura, non c’è che dire, in cui spicca la figura fantasiosa e determinata di Peppino, come sinonimo di impegno civile, accanto a quella della dilagante società mafiosa, in un clima di totale omertà e indifferenza. Il ‘dietro le quinte’ di Marco Rizzo e le interviste a Giovanni Impastato e Salvo Vitale contribuiscono a impreziosire tutta l’opera che risulta così essere un vero e proprio omaggio e un inno alla libertà. Pare di vivere tra i copioni de I cento passi, ed è meraviglioso.

Rebecca Romanò

“Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare!”

Giampaolo Rugarli, Manuale di solitudine

manuale di solitudineIl grande Giampaolo Rugarli, autore di romanzi, saggi e commedie, è scomparso malinconicamente il dicembre scorso. Il suo ultimo romanzo-meraviglia, pubblicato postumo nel marzo 2015 per Marsilio, si intitola, quasi ad indicare il compimento di un percorso esistenziale, Manuale di solitudine. Il libro più che un giallo, è un exploit di rappresentazione psicologica del genere umano e delle sue sfaccettature.

“Un bambino precipitò da un settimo piano e andò a sfracellarsi al suolo. Accadde alcuni anni fa e accadde pochi giorni prima delle festività natalizie. E accadde nello stabile dove io e mia moglie abitavamo da non so quanto tempo.” Così si legge nella prima pagina del romanzo: il figlio dei coniugi Bernasconi, tra l’altro deforme, senza un occhio e senza naso, muore prima ancora di aver iniziato a vivere. Questa è la prima di una serie di disgrazie che toccherà il condominio dal nome ambizioso, Le colonne d’Ercole, deturpandone la quiete. Nel condominio vivono la famiglia Bernasconi (coniugi, figlio – già morto tragicamente prima che il racconto inizi- e suocera di lei), il medico Decubito e la prostituta Beatrice, Nicola Atroce, il portinaio-filosofo appassionato di stelle, e un professore ormai in pensione, narratore della vicenda, e la moglie Irene.

Ogni personaggio, chi più chi meno, è all’interno di un peculiare disegno introspettivo; ognuno si chiede se la catena di eventi è il frutto di una serie di terribili coincidenze e se una maledizione ha colpito il condominio o se dietro tutto ciò c’è una mente acuta e malvagia. Ma i veri protagonisti sono loro, il professore in pensione e Irene. Lui, sognatore e incapace di mantenere relazioni umane profonde, si trova dentro un cerchio fuori dal quale non sa stare; un cerchio in cui ci sono lui, i suoi pensieri e la sua vita onirica, che gli dà sollievo e allo stesso tempo lo logora (“La solitudine è la mia estasi, ma pure la mia distruzione”). Lei, infermiera, rimasta orfana da piccola e affidata ad una zia, pare non essere stata mai amata e in grado di amare; generosa e sorale, ama la paura e il brivido. Quasi ogni giorno va al Luna Park vicino a casa e si diverte sull’ottovolante gridando “Aeroplano!”. La realtà è che ogni personaggio è vittima, e complice al tempo stesso, della propria solitudine.

Tra conferme e smentite, Rugarli, costruisce una trama di intrecci accattivanti che fonda le sue radici nelle personalità curiose e variegate dei personaggi. Attraverso una scrittura semplice ma fregiata di parole sempre tecniche ed esclusive, racconta con fermezza disarmante una vicenda dal gusto surreale e intimista.

Come il perfetto assassino ha sempre un movente per uccidere, così ne fornisco uno io per leggere questo libro: occupa solo un pomeriggio di lettura, tanto la curiosità di arrivare fino in fondo è più forte della necessità di fare una pausa; leggetelo e ne rimarrete estasiati.

Rebecca Romanò

Alessandro Baricco, Seta

setaScritto da Alessandro Baricco e pubblicato nel 1996 da Rizzoli, Seta narra la storia di un giovane uomo di nome Herve Jouncour che vive in un piccolo paese francese di metà Ottocento e si guadagna da vivere vendendo bachi da seta. Sin da subito l’autore delinea in modo brillante il profilo psicologico e lo stile di vita del protagonista; punti importanti che lo scrittore torinese riesce, dopo una stupefacente descrizione, a riassumere in una sola e poetica asserzione: “era d’altronde uno di quegli uomini che amano assistere alla propria vita, ritenendo impropria qualsiasi ambizione a viverla”.

L’imperante monotonia della vita del protagonista è però interrotta da una funesta epidemia di un virus che colpisce ed uccide la maggior parte dei bachi da seta dell’emisfero occidentale. Il forte bisogno di trovare una soluzione e, parallelamente, un’interessante proposta da parte di un suo caro amico, basteranno ad Herve per decidere di intraprendere un viaggio intercontinentale verso il Giappone alla ricerca di nuovi bachi e ad adottare un nuovo stile di vita tramite il quale, sulle dolci note della penna di Baricco, i lettori potranno assistere all’evoluzione psicologica del personaggio principale.

Herve porterà a termine il primo viaggio al quale ne seguiranno altri, durante i quali conoscerà una donna giapponese con la quale condivide un sentimento d’amore che non potrà mai essere consumato. Nella seconda parte del libro, l’autore, metterà in particolare risalto questo sentimento contrapponendolo a quello dello smodato, ma silenzioso, amore della moglie di Herve per quest’ultimo.

Quale è il messaggio di Baricco? La costante ricerca di qualcosa che ci è sempre mancato della quale ci si accorge troppo tardi affligge ogni essere umano? Un’esortazione a vivere la vita che inesorabilmente ci sfugge via prima che la si possa vivere appieno? I messaggi sono multeplici e la storia, intessuta di note dolci e amare, si risolve grazie al sorprendente e insospettato finale: una lettera di Helene, la moglie di Herve, per il protagonista conclude unendo splendidamente erotismo e tenerezza.

Il libro è dotato di una straordinaria capacità di irrompere nell’immaginazione del lettore per creare immagini dal sapore orientale, emozioni intense ma non ben definite, esplosioni di colori e riflessioni silenziose. Pare di leggere il copione di cortometraggio, tanto che elementi non trascurabili sono disegnati e colorati concretamente dall’immaginazione del lettore.

Infine, chiunque abbia letto questo breve ma straordinario libricino avrà sicuramente ancora in mente la grande voliera e gli uccelli dalle piume variopinte, il loro volo e la moltitudine di colori:
– Cosa sono?
– È una voliera.
– Una voliera?
– Sì.
– E a cosa serve?
Hervé Joncour teneva fissi gli occhi su quei disegni
– Tu la riempi di uccelli, più che puoi, poi un giorno che ti succede qualcosa di felice la spalanchi, e li guardi volar via.

Riccardo Stanganini